Mostra personale, dall’1 al 31 agosto 2020, Spazio espositivo di Giovanni Bovecchi PETRARTEDIZIONI di Pietrasanta (LU)
Le spirali dell’Es di Giovanni Bovecchi
Lo sviluppo storico della pittura di Paola D’Antuono parte dalle sue prime opere “vibrazionali”, linee e tocchi spatolati di spesso colore materico: paesaggi d’anima, se pur ancora nell’elaborazione poietica (nella visione d’anima per così dire), prevalga l’elemento esterno del reale sebbene internamente proiettato verso un liminale informale. Tale processo continua, poi, sempre con rigore quasi matematico, musicale e ritmico, in opere che qui, ora, scendono al di sotto della “visione d’anima”, più giù, nelle profondità di un subconscio lontano, a volte liquido, acquoso o vegetazionistico; a volte infuocato, ad andamento cromatico monotonale discendente/ascendente, quasi una proiezione d’immagine pittorica di magmatici gironi danteschi di cui, per paradosso, o contrappasso estetico (verrebbe da dire) la D’Antuono ne coglie comunque la luce trascendente – contro l’ovattata e sorda scurità ultramondana – con passaggi controllati, spiraliformi, intrecci traversi o tagli/ferite floreali verticali (Pulsioni di vita, Passioni), sapientemente dati con raffinata tecnica, stabile, strutturata e compiuta, che riconosce, nel rigore e nella aurea simmetria, il principio primo della pittura di talento e d’ingegno. Il titolo del catalogo Le spirali dell’Es vuole essere un riferimento al legame eros/tanathos che in particolare nei quadri “abissali” (Eros, Gli abissi dell’anima) e/o “vegetazionisti” (Il giardino incantato) si instaura negli andamenti sinuosi, intricati, nei matericismi carnosi di sensualità inesplorate e sconosciute nei quali esplode la matrice del piacere primordiale, attraverso cui (cfr. G. Bataille in L’erotismo e Il linguaggio dei fiori) si afferma la metafora della oscura potenza e della sontuosità dell’Io dell’artista. Della prorompente sontuosità dell’Io dell’artista, sempre attraverso l’abile coerenza di una lettura della realtà filtrata da una raffinata ottica e visione interiore, ne sia prova l’evoluzione ulteriore delle sue ultime opere qui in catalogo, echi delle “liminalità” informali dei primi quadri (L’isola che vorrei): le dorature campiformi ed i picchi cromatici, musicati come note scritte di una partitura complessa in forma jazzistica (Golden blue) o, ancora una volta, incroci di spatola di spessa fibra materica, sviluppati in sezione aurea (Riflessi dorati), con aspetti coloristici inconsueti ed inaspettati rispetto ad uno sfondo ascendente verso la luce e le preziosità dell’oro.