Critica a cura di Stefania Pieralice
Spirituali onde, sprigionate dal cromatico amplesso, si dispiegano sulla tele prive di un risolutivo epilogo. Nel versante inferiore oscillano all’apparenza come una corsa futurista, germinate da un ventre sentimentale assai differente salgono in una vertigine turbinante. Emergono dalla magmatica e insondabile oscurità, annodate, con grazia le une sulle altre, infine si disciolgono per poi tornar nuovamente a cercarsi. Compendiaria della fusione di dolci ricordi, l’opera di Paola D’Antuono asseconda il placido flusso, ne rievoca, con il lento e cadenzato movimento di spatola, il caotico attimo trascendente. La matassa scompigliata del pensiero tenta di riflettere il breve, intenso e al contempo delicato momento dell’esistenza nel quale le membra si cingono; la vibrazione sgorga armoniosa, incontrollata sulla superficie ospitale. Attraverso una danzante poesia visiva si dipanano versi pittorici color cobalto, azzurro, celeste, intarsiati di frammenti verdi, che si inerpicano mossi dall’aspirazione alla vetta, pur coscienti che il senso, in realtà, è solo nel morire. Le trame e i reticolati custodiscono passioni congelate, fremiti da ultima alba, afflati di primi vagiti, lacrime per un definitivo saluto, speranze a cui è scaduto il permesso. D’Antuono tesse una grande cattedrale di bellezza, un monastero invisibile dell’altrove, lontano dal tempo degli uomini. Lì, nella grazia miracolosa di quei fondali, si posa la voce dei morti e la melodia degli angeli.
Dal 23 settembre al 5 ottobre 2022 – Partecipazione alla 59° Esposizione Internazionale d’Arte di Venezia c/o Padiglione Nazionale Grenada con l’opera “Abbracci” 100×100, olio su tela