LA FORZA DEL COLORE PER CONTRASTARE IL GRIGIO DEI PAESAGGI URBANI NELL’ESPRESSIONISMO ASTRATTO DI PAOLA D’ANTUONO
di Marta Lock (L’Opinionista – 5 novembre 2021)
Tra gli artisti contemporanei si delinea a volte una demarcazione tra chi in qualche modo celebra e accoglie tutto ciò che la società rappresenta, compreso il senso di appartenenza a un progresso tecnologico, a un vivere urbano in cui sentirsi esploratori e narratori, e chi invece avverte il disorientamento della mancanza di individualismo, di capacità di mantenere un legame con le pulsioni interiori, con i desideri e i sogni che si disperdono all’interno della quotidianità e della corsa verso la vita che spesso dimentica l’essere umano. La protagonista di oggi appartiene a questa seconda categoria di creativi e trasforma la sua manifestazione pittorica in esplosione cromatica della poliedricità di emozioni che non dovrebbero mai essere messe in ombra dalla routine del vivere.
Intorno alla metà degli anni Cinquanta del Novecento alcuni artisti, soprattutto nelle grandi città statunitensi, cominciarono ad avvertire il peso di una società in cui tutto sembrava essere diviso, in cui le città con i loro grattacieli e le strade asfaltate erano da un lato rappresentative di una corsa verso il consumismo e il successo personale, dall’altro invece rappresentavano il luogo in cui chi non riusciva a entrare nel meccanismo della realizzazione professionale e sociale restava ai margini, rifugiandosi nelle vie delle periferie e sentendo aumentare la rabbia per quell’essere esclusi da un mondo che andava verso una direzione per loro irrealizzabile. La consapevolezza di questo disagio, di queste profonde differenze e di quelle emozioni negative indusse alcuni creativi a dare sfogo al loro malessere disegnando e dipingendo sui muri dei ponti, dei palazzi e ovunque fosse possibile, quelle sensazioni, per far sapere al mondo ignaro che anche loro esistevano e che avevano molti più colori di quanto ne avessero gli impiegati che ogni mattina percorrevano il medesimo percorso ed entravano nel medesimo ufficio. Quei murales presero il nome di Street Art, un fenomeno artistico forte e incisivo che ha continuato a evolversi anche nella contemporaneità; ciò che colpì di questo tipo di arte di cui Jean-Michel Basquiat fu precursore e grande rappresentante, fu non solo la rabbia nascosta all’interno di quei graffi o il bisogno di accettazione celato nelle figure piccole e indefinite di Keith Haring, bensì la necessità di riempire di colori il grigio della quotidianità, facendo così sentire la propria voce. Il tema dell’espressività, del dover liberare emozioni e sensazioni in maniera spontanea senza alcuna regola accademica fu comune anche a un altro movimento coevo dello stesso periodo, l’Espressionismo Astratto, in cui le tele dovevano semplicemente essere mezzo e base per permettere a ciascun artista di manifestare più o meno impulsivamente la propria interiorità, attraverso il colore che si uniformava all’inarrestabile sentire, alle pulsioni che necessitavano di essere narrate. L’artista modenese Paola D’Antuono si riallaccia alle intenzioni espressive degli Street Artist per contrastare il grigiore dei paesaggi urbani che appartengono alla contemporaneità tanto quanto al secolo scorso, ma lo fa sulla tela, dunque la similitudine è più nell’approccio filosofico e sociologico che non nella realizzazione in esterno, e con un linguaggio che rientra a pieno diritto nell’Espressionismo Astratto più vicino al Color Field di Mark Rothko che non all’Action Painting di Jackson Pollock.
Ciò che conta per la D’Antuono è rappresentare attraverso le variazioni cromatiche l’intensità del sentire, la vivacità di un’esistenza che non può essere messa in secondo piano da una routine grigia e anonima, di un paesaggio cittadino in cui si dimentica la vitalità di una natura lontana eppure in grado di assecondarsi al sentire dell’essere umano.
La stesura sulla tela è netta, definita e quasi scolpita pur dando una sensazione di morbidezza sfumata anche quando le emozioni raccontate sono profonde, intense, oppure si accordano alle sensazioni ricevute nel momento in cui il suo sguardo si è posato su un paesaggio, su un panorama narrato attraverso il filtro interiore, quello in cui non è importante la rappresentazione esteriore piuttosto lo è l’accordo delle tonalità alle vibrazioni interiori percepite.
Nella tela Sul far del giorno l’artista esprime la meraviglia che prova nei confronti di un fenomeno che si ripete quotidianamente, l’alba, pur mantenendo una bellezza incontaminata, sorprendente agli occhi di chi è in grado di coglierne la purezza spontanea che va ben oltre l’abitudine visiva; è questa l’esortazione della D’Antuono, di non dimenticare mai di cogliere quei dettagli trascurabili che in realtà possono rendere ogni giorno una meravigliosa avventura, un modo per aprirsi a quelle emozioni che diversamente sarebbero nascoste e lasciate silenti per privilegiare gli impegni da rispettare, i compiti da svolgere, la fretta del vivere. Le tonalità sono quelle dell’anima, quegli azzurri e quei violetti che si legano all’interiorità e le permettono di palpitare, di osservare non solo con gli occhi bensì con l’apertura della parte emotiva, quella per cui non conta che la terra sia marrone, il cielo azzurro e il prato verde se la profondità percepisce l’osservato in maniera differente; ed è esattamente la sensazione che si riceve guardando la tela, che racconti un luogo non luogo che può essere qui o altrove, ovunque l’occhio riesca a percepire l’emozione.
In Una giornata estiva invece Paola D’Antuono sceglie tonalità fresche, vivaci, gioiose proprio come lo è la stagione delle vacanze, delle giornate all’aperto, del risveglio della natura che si dona in tutto il suo splendore allo sguardo dell’artista e anche di tutti coloro i quali riescono a farsi trasportare e avvolgere dalla naturalezza e dalla piacevolezza dei paesaggi intorno a sé; i colori principali sono il giallo del grano, l’azzurro del cielo e il violetto misto ai toni neutri della terra, delle piante, della vita che emerge e che si pone al centro della tela, sospesa per sottolineare l’accoglienza dell’elemento naturale nei confronti dell’essere umano che lo abita.
Le sottili linee orizzontali e verticali che si intrecciano a formare un lieve reticolo rappresentano i condizionamenti, la rete di convinzioni a cui spesso l’individuo si aggrappa per il timore di non essere uniformato a ciò che la società chiede, dimenticando però, in quell’intreccio, di lasciarsi spazio per la propria individualità, per i propri desideri; la tecnica che prevalentemente Paola D’Antuono utilizza è quella della spatola con cui mescola colori a olio e pigmenti, in virtù della quale la sua spinta espressiva si libera, si manifesta in tutta la sua pienezza, così come la sua esortazione all’uomo contemporaneo a mantenere il contatto con quella singolarità che gli permetterà sempre di esprimere la sua vera essenza.
Nella tela Gli abissi dell’anima l’artista si sposta dal tema del paesaggio interiorizzato e volge verso le profondità più intime quel mondo sotterraneo che domina, inevitabilmente, l’esistenza umana e resta un mistero solo parzialmente svelato persino a se stessi, proprio perché nel vivere attuale sembra essere diventato più semplice restare in superficie, galleggiare e mantenere una facciata meno impegnativa, meno necessitante di un percorso introspettivo a volte anche doloroso ma sempre essenziale per conoscersi ed evolvere. I fitti intrecci, quei tubolari contorti su se stessi rappresentano le complessità di tutto il bagaglio emotivo che ciascun individuo porta all’interno di sé, quelle frange di ricordi e di collezione di frammenti di esperienze che vanno ad alimentarsi vicendevolmente e che, proprio a causa della loro consistenza spesso spaventano inducendo l’essere umano a trattenerle e a nasconderle.
Paola D’Antuono ha all’attivo la partecipazione a moltissime mostre collettive su tutto il territorio nazionale, ha preso parte a una video esposizione a New York e le sue opere sono state selezionate per essere inserite nell’edizione 2021 dell’Atlante dell’Arte Contemporanea De Agostini, dell’Enciclopedia dell’Arte Italiana e dell’Annuario dell’Arte Italiana Mondadori Artisti 2020-2021.